Le conseguenze dell’hashtag #guerrafredda

C’è una legge insita nell’universo, tutt’ora contestata dall’esercito di Grillo, che prevede il manifestarsi di un dato evento esattamente nel delicato lasso di tempo che separa la domenica dal lunedì, con la classica conseguenza di rendere tale evento materia di inconcludenti chiacchiere per tutto il resto della settimana.
Nessuno può dimenticare l’abominevole flusso di opinioni che si è scaturito dalla vittoria di Sorrentino nell’iperpatriottica notte degli Oscar: ho visto gente ancora traumatizzata dai blateranti commenti su Facebook e, se davvero volete conoscere la mia idea al proposito, sappiate che ho preferito “Le conseguenze dell’amore”.
Passando a questa settimana, mi sono svegliata con un genere di notizia che già ha fatto esplodere le tastiere di tutti i computerdotati, ossessivamente impegnati nel diffondere l’hashtag #guerrafredda, ossia la vittoria del sì al referendum sull’annessione della Crimea alla Russia.
Questo affettuoso e pacifico schiaffo da parte del candidato Nobel Putin è stato accolto con sommi festeggiamenti in piazza Lenin, ma non altrettanto bene da parte degli schiaffeggiati Merkel e Obama, che ne hanno subito condannato l’azione con l’hashtag #illegale.

Un vero uomo sa come conquistare le sue prede.

Un vero uomo sa come conquistare le sue prede.

In questo delicatissimo momento delle relazioni internazionali quello che mi sento di commentare in quanto computerdotata non è la prevedibile risposta #rosiconi di Putin, bensì un altro fenomeno di sfondo europeo, ma più vicino all’imbarazzante questione italiana: se il sì della Crimea alla Russia viene immediatamente considerato illegale, perché il condannato in via definitiva Silvio Berlusconi dovrebbe candidarsi alle elezioni Europee?
Resto in attesa dell’ultima sentenza sull’interdizione del Cavaliere, augurandomi vivamente che l’hashtag #silviolibero non raggiunga la mia homepage.